lunedì 23 ottobre 2017

Il minestrone di marroni


Un piatto fumante di zuppa, minestrone o vellutata di verdura non manca mai nella mia tavola serale. Persino in estate ne sento il desiderio,  in tal caso servita a temperatura ambientale. Gli ortaggi che si prestano sono talmente tanti che le combinazioni sono moltissime.
Come vi ho raccontato nel post precedente, ho partecipato con grande interesse e gioia, all'Educational Tour del Marrone di San Zeno D.O.P. organizzato dal Consorzio di Tutela e dal Comune di San Zeno e ho così avuto modo di scoprire un piatto che non conoscevo proprio: il minestrone di marroni. Ad onor del vero, in tale occasione, di minestroni ne ho degustati ben cinque, preparati da altrettanti ristoranti della zona che si sono contesi il premio Minestron d'Oro. Ho, infatti, avuto l'onore di essere stata scelta, insieme ad altre blogger e giornaliste, come membro della giuria che ha assegnato il premio, il cui vincitore verrà proclamato domenica 29 ottobre nel corso della Festa del Marrone di San Zeno DOP. L'utilizzo dei marroni nel minestrone mi ha talmente conquistato che ieri me lo sono preparato a casa con la ricetta della Taverna Kus, pubblicata in un elegante ricettario edito dal Consorzio di Tutela, nel quale potete trovare moltissime altre ricette salate e dolci a base di marroni.


Ricetta della Taverna Kus
Ingredienti per quattro persone
100 g di patate
80 g di carote
100 g di cipolla
100 g di verza
50 g di fagioli
200 g di marroni lessati
1 spicchio d'aglio
2-3 croste di formaggio grana
qualche rametto di rosmarino
olio extravergine di oliva 

Mondare tutte le verdure e tagliarle a pezzi non troppo grossi e circa della stessa misura. Tagliare a pezzi le croste di formaggio grana.
Mettere in una pentola l'olio extravergine, scaldarlo e friggervi il rosmarino, e l'aglio schiacciato senza far prendere colore. Togliere gli aromi e aggiungere le verdure coperte d'acqua, salare e far cuocere a pentola scoperta schiumando quando necessario. Verso fine cottura aggiungere i marroni lessati (cotti in acqua salata con foglie di salvia) e le croste di formaggio.
***
Alla Taverna Kus, che, a dispetto del nome, è un ristorante molto elegante e raffinato ricavato dal un cascinale del '600, ho gustato un secondo piatto composto da sfilacci di manzo al Bardolino con spuma di marroni e noci e wafer di Monte Veronese e una sorta di Monte Blanche con marroni, vaniglia, cacao e profumo di arancia.
Avete tempo fino al 12 novembre per gustarvi queste ed altre prelibatezze a base di marroni alla Taverna Kus o in uno degli altri quattro ristoranti aderenti all'iniziativa. Non lasciatevi sfuggire l'occasione










venerdì 20 ottobre 2017

Il Marrone di San Zeno D.O.P.



Autunno, tempo di castagne e di marroni.
Ad uno sguardo non attento, le castagne potrebbero sembrare tutte di un'unica specie. Ve ne sono, invece, di varie tipologie e, talune, vantano il prestigioso marchio europeo della Denominazione di Origine Protetta.
Tra queste il Marrone di San Zeno di Montagna - ameno paesino in provincia di Verona a 650 metri dal livello del mare, ineguagliabile belvedere sulla sponda orientale del lago di Garda - al quale il marchio D.O.P. è stato conferito sin dal 2003. Si distingue da altre varietà per il suo sapore particolarmente dolce, la forma elissoidale, la pezzatura media (in ogni riccio vi sono al massimo tre frutti), la buccia sottile e lucida, il colore marrone chiaro con striature più scure. Un prodotto di nicchia, espressione dell'eccellenza agroalimentare della mia terra, il Veneto ed esclusivamente stagionale. Ed un prodotto, quello del Marrone di San Zeno, frutto del grande amore per la propria terra da parte degli abitanti locali, agricoltori e coltivatori, che curano con passione e devozione i boschi per preservarne intatte tutte le bellezze naturali. Di certo ha una resa, in termini economici, per i coltivatori, ma è limitata al massimo ad un mese all'anno. E ciò che motiva gli abitanti di San Zeno alla raccolta e commercializzazione del loro Marrone è per lo più l'appartenenza viscerale alla propria terra natale, l'intima adesione ai ritmi della natura, l'amore per la montagna ed i boschi di castagni che la abitano; non per nulla i castagneti passano di mano da una generazione all'altra e ciò che è stato ricevuto con amore, con altrettanto amore viene donato, da nonno a padre a figlio a nipote. Si respira nell'aria questo amore, oserei dire filiale, per i castagneti. L'ho letto negli occhi, l'ho sentito nelle strette di mano, l'ho udito nel timbro della voce di coloro che ho incontrato nel corso dell'Educational Tour al quale ho preso parte la scorsa settimana.
A rendere particolare il Marrone di San Zeno è, in primis, il territorio di produzione che si estende nella fascia boschiva tra il Lago di Garda ed il fiume Adige, nei Comuni facenti parte della Comunità Montana del Monte Baldo, ad un'altitudine compresa tra i 250 ed il 900 metri sul livello del mare. I castagneti, dal loro superbo belvedere sul Lago di Garda, sono baciati dal sole e beneficiano del clima temperato-umido e dei terreni acidi. Sono castagni longevi, per lo più ultracentenari, maestosi e lussureggianti, selezionati in loco e propagati nel tempo da specie autoctone per via agamica, cioè con un sistema riproduttivo che dà vita a piante identiche a quelle generanti. Del resto la coltivazione delle castagne sul Monte Baldo è testimoniata da scritti che risalgono al Medioevo. I castagneti sono iscritti in un apposito elenco - tenuto ed aggiornato dall'Organismo di Controllo della D.O.P. - che contiene gli estremi catastali dei terreni coltivati e, per ciascuna particella il nome del proprietario e dell'eventuale conduttore, la località, il numero delle piante, la produzione massima dei marroni e l'età del castagneto. Così da consentire la tracciabilità del prodotto.



Ma la peculiarità del Marrone di San Zeno Dop è data anche dalle tecniche eco-compatibili con le quali viene gestita l'intera filiera produttiva dalla coltivazione, alla raccolta ed alla trasformazione. Per garantire la naturalità del prodotto, non vengono utilizzati trattamenti chimici né tecniche di lavorazione invasiva o intensiva. tanto che 30 è il numero massimo di piante per ettaro mentre la resa produttiva è fissata in non oltre 30 kg di frutti per pianta e in 3,6 tonnellate per ettaro. Accurata la potatura al fine di mantenere inalterate le peculiari caratteristiche del marrone di San Zeno. Eventuali malattie dei castagneti vengono debellate con sistemi di lotta integrata esclusivamente biologica. Tanto che il 70% della produzione di marroni di San Zeno può fregiarsi della certificazione Bio ed il numero dei produttori che la otterranno è destinato a salire (la procedura per ottenere la certificazione è molto costosa ed è la sola ragione per la quale non tutte le 45 aziende consorziate l'hanno richiesta).
I frutti vengono raccolti a mano da terra, dopo accurata cernita volta ad eliminare quelli non sani o che presentano difetti, o fatti cadere dolcemente dalle piante con l'aiuto di una canna.




Una volta raccolti, beneficiano di trattamenti naturali di cura noti come la "novena" e la "rissara". La prima consiste nel far riposare i marroni per nove giorni in acqua fredda che viene cambiata ogni due, senza alcun aggiunta di additivo. Successivamente, i marroni sono lasciati asciugare su un pavimento in cotto in un ambiente asciutto e ventilato. La "rissara", praticata da sempre sulla zona del Baldo, consiste nell'accumulare i frutti e i ricci all'aria aperta in strati lasciandoveli per 8-15 giorni. In entrambi i casi, l'obiettivo è favorire la fermentazione naturale per far aprire il riccio e preservarlo da funghi, muffe e parassiti.


I marroni interi, sani, puliti ed asciutti sono pronti per essere commercializzati:vengono sistemati in reti sigillate, così da impedire l'estrazione dei frutti e ad ogni confezione viene apposta un'etichetta con la dicitura Marrone di San Zeno D.O.P. e relativo logo. Sull'etichetta vengono indicati il peso, l'annata di produzione ed il luogo di confezionamento, così da consentirne la tracciabilità. E ciò a tutela da tentativi di sostituzione con altre tipologie non pregiate di castagne ed a garanzia per il consumatore dell'alta qualità del prodotto.
Sull'eccellenza del marrone vigila il Consorzio di Tutela del Marrone di San Zeno D.O.P. che riunisce 45 soci e che appone il suo sigillo su ogni singola confezione di marroni che arriva al consumatore. Il Consorzio, inoltre, vigila sulla salvaguardia delle tecniche di lavorazione tradizionali e locali e si adopera per migliorare i castagneti, recuperando quelli abbandonati e trovando finanziamenti per potature straordinarie ed organizzando corsi di aggiornamento in materia di potatura e difesa dalle malattie. Quest'anno il Consorzio sta fronteggiando un problema inaspettato, quello dei cinghiali, animali non autoctoni, privi di antagonisti che in numero assai numeroso danneggiano il racconto cibandosi dei frutti a terra.
Sin dal medioevo, la castagna costituiva un elemento basilare dell'alimentazione dei montanari, essendo ricca di amido, proteine, sali minerali e vitamine e mediamente calorica e veniva consumata fresca - quantunque da crudo abbia una digeribilità alquanto scarsa - o cotta (sotto la cenere, bollita o arrostita sulla brace); oppure trasformata in farina per ricavarne pane o polenta; i frutti di minor qualità erano utilizzati, anche in un passato non troppo lontano, per nutrire i maiali, la cui carne acquistava un sapore del tutto particolare.
La commercializzazione dei marroni, già alla fine dell'800 avveniva per via diretta sui mercati settimanali e poi tramite negozianti. A partire dagli anni '20 prese invece il via, nel Comune di San Zeno di Montagna, la tradizionale Mostra Mercato del Marrone, che si svolge ogni anno nel periodo di raccolta delle castagne, tra la fine di ottobre e l'inizio di novembre. Ben un terzo dell'intera produzione di marroni viene venduto dai produttori direttamente ai visitatori nel corso della Mostra. Fitto il programma degli appuntamenti che per i prossimi tre fine settimana - 21 e 22, 28 e 29 ottobre e 4 e 5 novembre - attende i visitatori. La Mostra è organizzata dal Consorzio di Tutela, in collaborazione con il Comune. Cuore della manifestazione - che prende avvio con l'apertura dei castagneti ai visitatori - è il mercatino dei sapori, dove è possibile degustare il marrone in tutte le sue molteplici vesti: i Peladèi, marroni lessati per 40 minuti in abbondante acqua fredda salata portata ad ebollizione con un rametto di salvia; le Brustolé, le caldarroste cucinate sulla brace, sul fornello od in forno ad altissima temperatura; il minestrone di marroni, rustico e saporito minestrone di verdure con aggiunta di marroni, declinato con innumerevoli varianti determinate dalla tipologia delle verdure utilizzate e dalle modalità con le quali viene preparato. Ogni casa ed ogni ristorante possiede la propria ricetta, tanto che in occasione della festa verrà assegnato il premio "Minestron d'Oro" al migliore tra quelli proposti da cinque ristoranti della zona. I produttori del Consorzio di Tutela del Marrone di San Zeno si contenderanno invece il premio del "Marron d'Oro". Sempre al mercatino dei sapori, sarà possibile degustare la birra Castanea, prodotta, manco a dirlo, con i marroni dop. A bassa fermentazione, lievemente ambrata, dal gusto deciso ma con un sentore non predominante di castagna.
Da alimento di mera sussistenza della cultura contadina la castagna è diventato ingrediente assai ricercato di piatti raffinati e prelibati. Fino al 12 di novembre i ristoratori di San Zeno hanno messo a punto cinque menù degustazione, dall'aperitivo al dolce, declinati a tema Marrone di San Zeno

lunedì 16 ottobre 2017

Panna cotta al rhum e creme chantilly ivoire pistache


Pistacchio...mon amour, lo adoro. Nel mio cono gelato non manca mai e nei dolci al cucchiaio si presta a svariati abbinamenti. Irresistibile, a patto che, quando lo si usa in pasta, sia rigorosamente quella pura di pistacchio di Bronte. Acquistatela direttamente dai produttori locali, i soli a garantirvi la qualità della materia prima.

Per 20 bicchierini
Da un ricettario di un corso Etoile Academy
per la panna cotta:
8 g di gelatina in fogli
90 g di zucchero semolato
500 g di panna fresca (35% di materia grassa) senza carragenina
50 g di rhum
semi di mezzo baccello di vaniglia

Mettere in ammollo la gelatina con 40 acqua fredda: dovrà essere assorbita interamente.
Portare a bollore la panna con lo zucchero e le bacche di vaniglia. Per estrarre le bacche bisogna incidere il baccello nel senso della lunghezza e raschiarlo con la punta di un coltello.
Incorporare la gelatina. Lasciare intiepidire e aggiungere il rhum.
Versare nei bicchierini e lasciare rapprendere in frigorifero. 

Per il crumble alla nocciola
30 g di farina
30 g di farina di nocciole
30 g di burro
30 g di zucchero semolato

Riunire tutti gli ingredienti in una terrina e lavorarli con la punta delle dita fino ad ottenere delle grosse briciole. Porre in congelatore per una trentina di minuti. Poi distribuirle sopra la teglia foderata di carta forno e cuocerle in forno preriscaldato a 180 °C per una decina di minuti. Una volta raffreddato, distribuire il crumble nei bicchierini.

Da "Masterbook" di Michalak (pag. 46)
500 g di panna fresca  (35% di materia grassa) senza carragenina
2 g di fior di sale
150 g di cioccolato bianco

Portare a bollore la panna con il fior di sale.
Sminuzzare il cioccolato e metterlo in una terrina con la pasta di pistacchio.
Versare la panna bollente sul cioccolato un po' alla volta e nel contempo mixare con un frullatore ad immersione per rendere liscia e setosa la texture.
Porre in frigo a rapprendere per una notte. Il giorno seguente montare con le fruste e con un sac a poche distribuire a ciuffi sopra il crumble.


venerdì 13 ottobre 2017

Bavarese alla vaniglia ed al gianduia


I miei amati bicchierini. Li farei all'infinito, realizzando tutte le combinazioni possibili ed immaginabili di sapori, colori e consistenze. Veloci, facili ed allegri. Piccoli quanto basta per soddisfare la voglia di dolce.


Per 14 bicchierini da 120 ml
Bavarese alla vaniglia
Da "Non solo zucchero - vol 1" di Iginio Massari (pag. 230)
150 g di latte
60 g di tuorli
90 g di zucchero
300 g di panna 
6 g di gelatina
semi di un baccello di vaniglia

Idratare la gelatina con 30 g di acqua fredda (dovrà essere interamente assorbita).
Portare a bollore il latte con il baccello di vaniglia privato dei semini che andranno invece mescolati con lo zucchero. Nel frattempo, in una casseruola mescolare i tuorli con lo zucchero (e i semi del baccello). Unire il latte, dopo aver tolto il baccello, mescolare bene e cuocere la crema fino a quando raggiunge gli 82-84 °C.
Togliere dal fuoco ed aggiungere la gelatina e lasciarla sciogliere completamente. Con un mixer ad immersione, frullare per affinare la struttura rendendola lucida e setosa.
Attendere che la temperatura si abbassi a 30 °C (in abbattitore saranno necessari pochi minuti) e nel frattempo montare la panna fino a quando arriva ad una consistenza cremosa e lucida. I professionisti la chiamano panna semimontata (io la chiamerei semiliquida). In ogni caso non deve assolutamente avere la consistenza di quella servita sui coni gelato.
Mescolando a mano con una spatola con movimenti dal basso verso l'alto (ho visto usare dai professionisti il frustino e...pochi rapidi movimenti) versare la crema sulla panna ed amalgamare il tutto.
Versare nei bicchierini e porre in frigo a solidificare (in abbattitore 20-30 minuti).

Da "Enciclopedia del cioccolato" dell'Ecol du Grand Chocolat Valrhona
Bavarese al cioccolato gianduia
40 g di tuorli
15 g di zucchero semolato
90 g di latte
90 g di panna
130 g di cioccolato gianduia
4 g di gelatina
300 g di panna fresca 35 % m.g.

Idratare la gelatina con 20 g di acqua fredda (dovrà essere interamente assorbita).
Portare a bollore il latte e la panna. Nel frattempo, in una casseruola mescolare i tuorli con lo zucchero. Unire il latte e la panna portati a bollore. Mescolare bene e cuocere la crema fino a quando raggiunge gli 82-84 °C.
Togliere dal fuoco ed unire il cioccolato precedentemente sminuzzato. Aggiungere la gelatina e lasciarla sciogliere completamente. Con un mixer ad immersione, frullare per affinare la struttura rendendola lucida e setosa.
Attendere che la temperatura si abbassi a 30 °C (in abbattitore saranno necessari pochi minuti) e nel frattempo montare la panna fino a quando arriva ad una consistenza cremosa e lucida. I professionisti la chiamano panna semimontata (io la chiamerei semiliquida). In ogni caso non deve assolutamente avere la consistenza di quella servita sui coni gelato.
Mescolando a mano con una spatola con movimenti dal basso verso l'alto (ho visto usare dai professionisti il frustino e...pochi rapidi movimenti) versare la crema al cioccolato sulla panna ed amalgamare il tutto.
Versare nei bicchierini e porre in frigo a solidificare (in abbattitore 20-30 minuti).
Decorare con nocciole caramellate e fili di caramello.

lunedì 9 ottobre 2017

Profiterole



Un dolce old fashioned come pochi. Non di quelli vintage, che, come certi oggetti definiti tali, restano di culto e conservano un loro fascino nel tempo. Ma proprio un dolce vecchio stile e fuori moda. Sebbene in certi locali, dove il tempo si è fermato, continuino imperterriti a servirlo e un noto brend dolciario persista nel produrlo. Anche quando andava di moda lo trovavo proprio brutto: la glassa opaca e spessa non si lasciava proprio guardare. Tanto più quando veniva tolto dal frigorifero e, per lo sbalzo termico, la superficie si copriva di condensa. E non lo si poteva neppure definire "brutto ma buono": tra crema diplomatica e glassa al cioccolato era nauseante come pochi altri dolci. Ma c'è ancora chi si ingolosisce alla vista di quella montagna colante di cioccolato e così mi sono lasciata estorcere la promessa che l'avrei realizzato. Questo solo perché gli occhi sgranati per la meraviglia sono di due bimbe incollate al video durante la prima puntata di Bake Off Italia 2017, nel corso della quale è stato oggetto di una delle prove alle quali sono stati sottoposti i concorrenti.



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